Con il patrocinio del Comitato Regionale Veneto per le Celebrazioni del Centenario della Grande Guerra

 

 

L’iniziativa rientra nel programma ufficiale delle Commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Struttura di Missione per gli anniversari di Interesse Nazionale.

 

 

 

Tarsogno. Ritrovati i resti di un aereo abbattuto nell'autunno del 1944.

Lt. Beriger A. Anderson

foto recuperata dal nostro socio

Frank Gibson

 

 SULLE ALI DEL DESTINO

 

Ogni aviatore sa a cosa va incontro quando parte per una missione: ritornare a casa sano e salvo o perire per la propria patria. E ben lo sapeva il tenente pilota statunitense Beriger A. Anderson quando nell'autunno del '44, nonostante lo schianto dell'aereo nell'alta Val Taro, ebbe la fortuna di salvarsi. Purtroppo il suo appuntamento con la morte è solo rimandato...

 

Da qualche anno alcuni abitanti di Tarsogno mi segnalano la caduta di un velivolo nella loro zona durante la Seconda Guerra Mondiale e, da appassionato di storia ed archeologia aerea, voglio saperne di più. Così una fredda giornata d'inverno mi metto a colloquio con dei 'ragazzi' degli anni Venti, che, essendo testimoni diretti dei fatti, hanno tante cose da raccontarmi...

E grazie alle loro testimonianze, all'identificazione dei resti del velivolo che ho trovato ed alla laboriosa ricerca nei siti e documenti top-secret, ormai resi pubblici dall'U.S. Air Force, riesco a ricostruire questa vicenda che turbò la popolazione di Tarsogno e dintorni un giorno di novembre del '44...

 

Autunno 1944: centinaia di giovani aviatori si sfidano nei cieli di tutta Europa e tanti di loro perderanno la vita per capovolgere a loro favore le sorti del conflitto. E' il 28 novembre: nella base di Pisa, sotto il comando dell'U.S. Air Force, scaldano i motori quattro caccia P-47D la cui missione è quella di bombardare e danneggiare i ponti fluviali, ma soprattutto ferroviari, nel sud della Lombardia, precisamente nella zona di Cremona, al fine di interrompere i rifornimenti alle truppe tedesche che sbarrano la strada all'avanzata alleata.

 

Dopo il briefing, in cui viene spiegato il compito della missione, i quattro piloti si avvicinano ai loro aerei. Tra di loro vi è un giovane aviatore alla sua prima missione: il suo nome è Beriger A. Anderson. Immagino il capo-pattuglia dargli le ultime dritte e con una pacca sulla spalla congedarlo da lui... Dopo le procedure del pre-decollo gli aerei si alzano in volo, i piloti sono tesi ed in formazione a bassa quota si lanciano al di là delle linee nemiche. Veloci si dirigono verso l'obiettivo. Il loro compito, oltre che bombardare i ponti, è anche attaccare e disturbare le colonne nemiche sulle strade. Non appena individuato il bersaglio inizia l'attacco: i quattro caccia si lanciano in picchiata e, a bassissima quota, sganciano le loro bombe. Purtroppo il pilota più giovane ed inesperto commette l'errore del “pivellino”, cioè danneggia il proprio velivolo con le schegge delle sue stesse bombe. Nonostante l'aereo sia danneggiato in più punti, riesce a riprendere quota. Si sgancia dalla formazione affiancato da un compagno di volo, il tenente pilota Lawrence, e punta verso sud. Ben presto Anderson si rende conto che il velivolo non è in grado di compiere il lungo tragitto di ritorno e, in accordo col proprio compagno, vira da ovest versi i nostri appennini, seguendo la valle del Taro. L'aviatore del P-47D colpito deve trovare un luogo sicuro in cui abbandonare l'aereo e paracadutarsi e, esaminando una cartina del nord Italia, opta per una zona delimitata da una linea rossa, “lo Stato libero del Taro” (stato riconosciuto dalle nazioni alleate e così denominato dopo che i partigiani lo avevano liberato dalle forze nazi-fasciste, stato che però durò solo pochi giorni...). Sono decine i testimoni oculari che seguono da terra i due aerei, uno che lascia dietro di sè una scia di fumo e l'altro che lo segue.

 

Giunto nel cielo di Tarsogno, sempre sotto stretta sorveglianza del compagno, il tenente Anderson, dopo alcuni passaggi sui prati verdi del paese, inizia un volo a spirale. Il pilota infatti cerca di guadagnare quota ossia di arrivare ad un'altezza sufficiente da consentirgli l'apertura del paracadute. E sa che dev'essere almeno 150 metri! Raggiuntala il pilota con tutto il suo coraggio si libera dalle cinture di sicurezza, apre il tettuccio del suo velivolo, sale in piedi sul sedile e con passo tremante e veloce sale sull'ala e si getta nel vuoto. Il P-47D ormai è un blocco di metallo impazzito, fumante e gravemente danneggiato, compie una brusca virata, perde velocemente quota seguito da un sibilo infernale e va a schiantarsi a circa 2 chilometri dal punto in cui si è lanciato il pilota in zona Boresasco, in 'ti Avenè' nel dialetto locale, a pochi metri da una casa allora abitata da diverse persone (si racconta che una signora che stava ivi rammendando fu trovata talmente sotto shock che non le si riusciva a sfilare l'ago dalle dita!!!). Nell'impatto l'aereo si disintegra e si incendia spargendo rottami incandescenti per centinaia di metri. Nei minuti successivi alla caduta del velivolo è assai pericoloso avvicinarsi, perché a causa del calore dell'incendio i proiettili calibro 50 delle mitragliatrici e gli altri ordigni esplodono causando grave pericolo per i civili della zona.

 

I tarsognini e gli abitanti limitrofi, incuriositi, accorrono sul luogo e molti fanno tesoro di parti dell'aereo, soprattutto per necessità: c'è chi, ad esempio, li userà per costruire tetti di pollai e chi, come Giovanni Bertolotti, con i bossoli dei proiettili delle mitragliatrici costruirà dei semplici accendini.

 

Il pilota, invece, scende volteggiando con il proprio paracadute nell'aria e cade in prossimità del Prato Lungo. Due tarsognini, che altri non sono che Giuseppe Cardinali e Dino Scarsella, si trovano alle pendici del monte Zuccone intenti a far legna ed assistono increduli alla scena. Accorrono immediatamente a soccorrerlo e, in lontananza, intravvedono l'aviatore prima intento a divincolarsi per liberarsi dal paracadute, poi affaccendato a nasconderlo. Quando quest'ultimo alza lo sguardo e si accorge della loro presenza, barcollando indietreggia di qualche passo e cade a terra seduto in segno di resa. “Chi saranno costoro?” - penserà per qualche istante - “Saranno fascisti pronti ad uccidermi?”. Non sa che la sorte ha in serbo per lui tutt'altro destino! I due gli avvicinano e con sgomento vedono che sotto la tuta da aviatore c'è il corpo piangente e tremante di un ragazzo poco più che bambino... Quella sporca guerra non risparmia nessuno... I due gli si avvicinano e, tendendogli la mano, gli dicono timidamente: “Siamo amici, siamo amici!” - e lo aiutano ad alzarsi. Il pilota li abbraccia e, con le lacrime agli occhi, cerca di farsi capire. Intanto nella zona arrivano altri tarsognini ed alcuni partigiani della brigata Centocroci: ora quel ragazzo venuto dal cielo si ritrova a 9.000 chilometri da casa, circondato da persone umili che vogliono aiutarlo!!!

 

Nel frattempo dall'alto il suo compagno di volo osserva la scena e, sorvolando la zona, cerca di capire le sorti dell'amico. Dai gesti delle persone che attorniano l'aviatore capisce che tutto è andato per il meglio e, dopo aver inclinato un paio di volte le ali in segno di saluto, sfreccia per le vie del cielo verso sud in direzione di Pisa.

 

Poche ore dopo il fatto una pattuglia di nazifascisti si dirige nel luogo dove è caduto l'aereo e frugando tra i rottami cerca di trovare il corpo del pilota... ma nulla. Allora perquisisce case, stalle e cascine facendo domande ai civili, ma del giovane aviatore neanche l'ombra. Un tedesco scruta il monte Zuccone con il cannocchiale e forse con gli altri vorrebbe proseguire verso Tarsogno, ma ormai è sera ed è troppo pericoloso a causa dei partigiani nascosti tra le montagne.

 

Il giovane è ormai al sicuro, anche se scosso ed impaurito dai nazifascisti che sono in zona; viene condotto in paese e racconta la sua incredibile avventura ai pochi che comprendono la sua lingua, tra cui Silvia Scarsella, nata e cresciuta negli Stati Uniti fino all'età di 14 anni: il suo nome è Beriger A. Anderson, è un tenente, ha 20 anni, è studente universitario ed è di S. Francisco (U.S.A.). Dice di essere partito da Pisa per questa sua prima missione.

 

Intanto i partigiani si organizzano per completarne il salvataggio: alcune staffette partono verso Montegroppo per avvisarne altri ed accertarsi che la strada sia libera e sicura; nascondono in un fienile il pilota statunitense dopo avergli cambiato gli abiti e, la notte successiva, lo scortano verso la foce dei tre confini ai piedi del Monte Gottero. Qui lo attendono altri partigiani sotto il comando di 'Aldo' e 'Ricchetto' che lo prendono in consegna e, a loro volta, lo conducono verso lo Zerasco in modo che possa superare le linee nemiche fino ad un comando americano.

 

Successivamente Anderson farà sapere ai tarsognini di essere rimpatriato sano e salvo e li ringrazierà per avergli salvato la vita. Da allora di lui più nessuna notizia...

 

Il suo paracadute verrà utilizzato come ornamento, arricchito con archi di fiori, nelle vie del paese il 25 Aprile 1945 per festeggiare la fine delle ostilità.

 

Dopo  oltre 65 anni, grazie alla testimonianza di chi ha vissuto l'evento, decido di recarmi nel luogo in cui si schiantò l'aereo.

 

Le prime due spedizioni, come spesso... e troppo spesso succede, vanno a vuoto: le indicazioni che ho ricevuto sul luogo non sono molto precise, troppi anni sono trascorsi e la vegetazione sta nascondendo ogni cosa; alla terza spedizione la fortuna è dalla mia parte: sulla strada incontro un signore anziano, chino sotto il peso di un fascio di stecchi, e chiedo a lui. Guardandomi un po' sorpreso per quello che sto cercando, alza il suo bastone che tiene nella mano sinistra e, con la punta, mi indica il posto dicendomi: “Quello che cerchi è là, a 100 metri dopo quel canale” - poi, abbassando lo sguardo per un momento, mi dice: “Io me lo ricordo quel giorno, fuoco e fiamme dappertutto! Ero piccolo e, per la paura, mi ero nascosto sotto la veste di mia madre...”. E, prima di congedarsi da me, mi dice: “Buona fortuna!”. Un anziano di poche parole, poche ma 'preziosissime' per me...

 

Ora sono sulla via giusta. Raggiungo il canale che mi ha indicato, accendo il mio metal detector e, dopo pochi passi, ecco quello che cerco: tra dei sassi noto un pezzo di alluminio contorto, per le persone 'normali' insignificante, ma per un archeologo dell'aria di valore immenso... Ciò che ritorna alla luce grazie a questi piccoli ritrovamenti ha un valore storico ed umanitario. In quel luogo tutt'ora si notano degli avvallamenti nel terreno causati probabilmente dalla caduta dell'aereo. Poco più avanti trovo decine di reperti molto interessanti, che, dopo aver accuratamente pulito e classificato, forniscono simboli e codici.. E' da questi che riesco risalire al tipo di aereo, confermandomi che si tratta di un P-47D.

 

Ora il mio puzzle è quasi completo. Grazie ai dati che ho a disposizione, con l'aiuto di mia moglie Cristina,  riesco a contattare negli Stati Uniti alcuni ricercatori e, dopo uno scambio di informazioni via mail, riesco a completare la mia ricerca: l'aereo era un P-47D Thunderbolt 28-RE, serial numer 44-19715, facente parte dell'86° Fighter Group, 526° Fighter Squadrom. Il P-47D era un aereo molto adatto all'attacco al suolo in quanto era un velivolo molto robusto, possedeva 8 mitragliatrici sulle ali e poteva contare su un poderoso carico esterno costituito da bombe e razzi, era in grado di raggiungere la velocità di 550 Km orari ed attaccare anche a bassissima quota, anche se durante queste manovre rischiava di essere facilmente colpito dalla contraerea nemica. Nel caso di Anderson i rapporti dell'epoca indicano che il suo aereo si era però danneggiato con le schegge delle sue stesse bombe...

 

E il pilota? Magari è ancora vivo e sarebbe bello poterlo contattare, mandargli un saluto da Tarsogno e dirgli che la sua incredibile avventura qui non è stata dimenticata... Ma un sinistro silenzio da parte sua dura da quasi 70 anni e mi fa pensare al peggio... Da un'associazione di veterani statunitensi apprendo una triste notizia: corre l'anno 1950, i milioni di morti, la distruzione ed il dolore che ha lasciato all'umanità la seconda guerra mondiale non insegnano nulla all'uomo perché nuovi scenari di guerra si aprono in Corea. La Corea del Nord invade quella del Sud e così, su mandato dell'ONU, gli Stati Uniti, affiancati da altri 17 Paesi, intervengono militarmente nel tentativo di liberare il paese occupato. L'aviatore Beriger A. Anderson viene mandato a combattere un'altra guerra... ormai non è più un “pivellino”, con il grado di capitano è un ottimo ed abile pilota, fa parte del 39° Fighter-Interceptor Squadron, 35° Fighter-Interceptor Group, è un 'nigth fighter' cioè vola e combatte di notte. Il 21 Ottobre 1950 durante una missione in territorio nemico ai comandi di un P-51D Mustang, mentre sorvola una zona montagnosa con la sua squadriglia, viene intercettato dalla contraerea nemica ed un solo colpo lo centra in pieno. I suoi compagni di volo vedono il suo velivolo incendiarsi e, precipitando, sparire tra le nubi... Non si sa se Anderson è ferito a morte o se è rimasto intrappolato nell'abitacolo in fiamme. Sotto di lui c'è terra ostile e non ci sono più gli umili abitanti di Tarsogno che possono aiutarlo... Forse ha il tempo di iniziare una preghiera... Ma l'aereo precipita sempre più velocemente ed esplode nel tremendo urto contro il terreno portandosi via quella giovane vita: i resti martoriati del pilota ed i resti del velivolo vengono localizzati su una collina tra Tunchon e Kunu-ri nella Corea del Nord.

 

Il capitano Beriger A. Anderson fu dichiarato morto in azione il 21 Ottobre 1950. Il suo numero di matricola era AO777974, era nato a S. Francisco U.S.A. il 18 Luglio del 1924 e non era sposato; oltre alle decorazioni ricevute durante la seconda guerra mondiale ricevette, dopo la sua morte, 5 medaglie per aver servito fino all'estremo sacrificio la sua patria e una citazione dalle autorità sud coreane:

 

 

 

                        Purple Heart

 

 

 

            Korean Service Medal

 

 

            United Nations Service Medal

 

 

 

            National Defense Service Medal

 

 

 

            Korean Presidential Unit Citation

 

 

 

            Republic of Korea War Service Medal

 

 

 

Le sue spoglie non verranno recuperate, probabilmente perché si trovano in territorio nemico, ma nel Golden Gate National Cemetery, cimitero militare che si trova a S. Bruno nella Contea di S. Matteo in California U.S.A., vi è un cippo a ricordo in mezzo a quelli di centinaia di altri dedicati a commilitoni caduti e dispersi.

 

Ringrazio di cuore mia moglie Cristina che si è prodigata con me nella volenterosa e difficile indagine, Guglielmo Cardinali per le preziose indicazioni fornitemi, Carlo Bertolotti e Paolo Bricca che mi hanno consentito di effettuare le ricerche nei propri terreni e permesso di recuperare alcuni resti del velivolo, tutti i testimoni dell'epoca che con i loro ricordi mi hanno aiutato a ricostruire questa vicenda degli anni oscuri della guerra.

 

Infine un grande saluto a tutti i miei amici del forum “Archeologi dell'aria” che con la loro passione mi hanno 'spronato' a ricostruire una storia partendo da alcuni semplici frammenti metallici...

 

Dedico questo articolo al cap. Beriger A. Anderson volato via a soli 26 anni...

 

 

 

FRANCESCO SABINI