Con il patrocinio del Comitato Regionale Veneto per le Celebrazioni del Centenario della Grande Guerra

 

 

L’iniziativa rientra nel programma ufficiale delle Commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Struttura di Missione per gli anniversari di Interesse Nazionale.

 

 

 

 


Breve biografia


del Colonello pilota Mario Antognazza

 

 

 

 

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Si arruola all’Aeronautica Militare nel 1972, con l’87° Corso A.U.P.C. Nell’arco della sua carriera volerà sui velivoli MB326, MB339, poi con i famosi G.91R, G.91T per volare con l’attuale velivolo AMX. Sarà Istruttore di volo per i velivoli MB326 e su G91T. Esaminatore di volo su G91T ed Istruttore di tiro e tattiche su G91T e su AMX
lascerà l’Aeronautica Militare Italiana nel 1992 col grado di Tenente Colonnello. Promosso successivamente al grado di Colonnello.   

 

 

 

AQUILE NEL FANGO

 

Non si preannuncia una bella giornata da queste parti: il cielo è coperto, le nubi minacciano pioggia e tira un’aria nervosa e particolarmente fresca che se mancasse non mi farebbe dispiacere.

Costeggio l’argine destro del fiume Adige e mi inoltro per la campagna del “Chioggiotto”.

Parcheggio l’auto lungo   una stradina di campagna diritta come un fuso che, costeggiando un fossato, segna i confini fra i diversi poderi è usata dai trattori che trainano enormi aratri per raggiungere la loro zona di lavoro.

Cambio le scarpe con un paio di stivali e, nel rispetto delle regole che mi sono state indicate, indosso il giubbotto fosforescente ad alta visibilità.

Da questo momento in poi vivrò un’esperienza che mi ha lasciato molto turbato suscitando in me emozioni che non avrei pensato di provare: il recupero di un aereo caduto in combattimento durante l’ultima guerra!

Mi incammino per quella piatta e assolutamente anonima pianura camminando con passo svelto tra le file di piante di granoturco che sono state ormai tagliate a livello del terreno.

Mi viene da pensare quante volte avrò sorvolato quei campi, a cavallo di Gi prima e di Mr X poi, con velocità ben più elevate di quella che le mie gambe riuscivano a fornirmi in quel momento.

Mi giro a guardare l’argine che un tempo ,incrociando la mia rotta, mi sarà servito sicuramente  come controllo del tempo in navigazione  e non posso fare a meno  di pensare come possono cambiare facilmente  i punti di osservazione durante la vita : stavo ripercorrendo quella terra occupando la posizione delle “formichine operose” che un tempo sorvolavo spavaldo  e determinato nel mio compito osservandole dall’alto ,dietro la visiera di un casco , infilato in una tuta da volo, respirando attraverso un erogatore di una maschera e rinchiuso sotto il tettuccio di in velivolo

Raggiungo finalmente il raggruppamento colorato di uomini, bracci meccanici, tende e nastri segnaletici   all’apparenza assolutamente fuori posto in quel contesto: sembrava un’oasi operosa in mezzo al deserto!

Ma non è un miraggio! Tanto è vero che Alessandro, l’amico che mi ha invitato a partecipare a questo recupero e membro del Gruppo R.A.F (Romagna Air Finders) mi viene incontro accogliendomi con una cordialità squisita e, porgendomi il caschetto, mi aiuta ad espletare tutte le formalità del caso nell’ambito di una perfetta organizzazione!

Avvicinandomi alla zona dello scavo potevo percepire distintamente, mischiata con l’odore ancora presente della benzina rimasta nei serbatoi al momento dello schianto, l’eccitazione di questi meravigliosi ragazzi e ragazze che ad ogni palata portata in superficie dall’escavatore raccoglievano i pezzi di alluminio ferro e tela   pulendoli dalla terra che li ha custoditi gelosamente e pietosamente per settant’anni!

Durante la mia carriera militare, in qualità di membro delle commissioni di indagine, ho partecipato a diversi sopralluoghi nelle zone di incidenti aerei, ma questa volta è diverso!

Oggi è diverso perché qui non si ricercano le cause dell’impatto bensì il lavoro appassionato di queste persone è rivolto unicamente a riportare   i resti del Pilota, qual ora si fossero ritrovati, nel luogo delle sue radici con uno scopo, quindi, ben più alto di quello di catalogare freddi pezzi di metallo per poterli poi esporre rinchiusi in impersonali e illuminate vetrine di qualche museo.

In quel momento non mi importava quale lingua o quale bandiera sventolasse sull’aeroporto di partenza di quel ragazzo.

L’ho immaginato mentre a bordo del suo aereo stava volando in quel cielo che ora stavo osservando coi piedi piantati nel fango, mentre disperatamente  lottava  per sopravvivere impegnato in un duello  orrendo al quale  ,sia lui che i suoi avversari, non avrebbero  mai voluto partecipare .Ragazzi che ,come lui ,erano decollati con la morte nel cuore lasciando amori, genitori, figli, amici  nel nome di quel mostro chiamato guerra ,che solo gli umani hanno potuto inventare addestrandosi a volare su di un mezzo che ,in quegli  assurdi momenti ,perde totalmente tutta la sua poesia e si trasforma in uno strumento che riceve e dispensa dolore .

I pezzi recuperati vengono deposti allineandoli con cura su di un telone azzurro disteso a terra formando un triste puzzle.

Ho visto quel ruotino di coda che ha accarezzato l’erba durante il suo ultimo decollo da chissà quale striscia erbosa in quel giorno ormai lontano.

Quasi per miracolo, o forse per pudore, il fango ha preservato la mappa che ha guidato quell’aviatore nelle strade del cielo per raggiungere il suo ultimo obiettivo e sulla quale il suo sguardo si posava interrogativo dopo essersi riempito gli occhi di sole e di nubi cercando di anticipare le mosse dei suoi avversari.

Ho guardato quello che rimaneva del conta colpi delle armi di bordo e ho visto il terrore negli occhi del ragazzo  che lo controllava costantemente mentre  ,stringendo la cloche e premendo il grilletto ,cercava di trovare una strada di uscita in quella assurda situazione.

Mi sono soffermato ad osservare i resti imbrattati di fango di una pala d’elica trascinata vorticosamente dal quel motore che urlava tutta la sua rabbia, la sua paura e la sua potenza pur di poter essere spento ancora una volta nella pace di un aeroporto.

Che dire delle macchie di colore che, riproducendo sulle superfici del velivolo   gli storici emblemi e gli altisonanti   motti del Gruppo di appartenenza servivano, celandosi dietro una innaturale spavalderia, ad esorcizzare le paure che ogni volta assalivano i piloti consapevoli che con il gesto di stringersi    le cinghie del loro seggiolino si legavano indissolubilmente alla sorte dell’aereo col quale sarebbero andati in volo.

Come non pensare ai frenetici movimenti che il pilota imprimeva alle   superfici di comando  i cui resti giacciono  ora immobili, freddi e sporchi davanti a me ,attorcigliati nell’impatto, ma che in volo permettevano di eseguire manovre ardite ,disperate  decise nella confusione e negli attimi di quella  terribile eccitazione del combattimento ,dentro il piccolo spazio dell’abitacolo intriso di terrore ,adrenalina  e spasmodica dilatazione  di tutti gli umani sensi  , ma  che  potevano essere   gli artefici del destino ,nel bene o nel male, di ciascuna di quelle vite  che si stavano fronteggiando brutalmente e ferocemente  in quell’angolo di cielo!

Non è il vento freddo e qualche goccia di pioggia che mi fanno tremare davanti a quello che rimane di una bussola che ancora oggi indica impietrita l’ultima prua seguita da quella giovane aquila che tuffando le sue ali nel fango di una terra dura ha imparato un modo diverso di volare, che non è dato conoscere a noi terreni, ma che sicuramente immaginiamo libero, puro, senza bandiere e fatto con le ali della passione e della libertà.

Le operazioni di scavo si sono dovute sospendere in quanto infiltrazioni di acqua sorgiva rendevano pericolose ed inutili ulteriori azioni di recupero ma tutto il personale si e fermato in un momento di raccoglimento per deporre un semplicissimo mazzo di fiori sul luogo dell’ultimo atterraggio di quel pilota!

In quegli istanti mi sono sgorgate dal cuore le parole raccolte in una frase di una vecchia versione della Preghiera dell’Aviatore che rivolgendosi a Dio così recita:

-Ma se l’ora da Te segnata fosse giunta, fa che nella ultima visione, la terra non sia la nostra feroce nemica ma ala dolce dell’ultimo sonno -