Con il patrocinio del Comitato Regionale Veneto per le Celebrazioni del Centenario della Grande Guerra

 

 

L’iniziativa rientra nel programma ufficiale delle Commemorazioni del Centenario della Prima Guerra Mondiale a cura della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Struttura di Missione per gli anniversari di Interesse Nazionale.

 

 

 

 


 

 

                                                        

 

                                                      

                                                                    LA FENICE

 

E’ un Reparto che purtroppo oggi è stato “messo a quadro” (triste ed asettica frase) dall’Aeronautica Militare e nessuno potrà più appuntare il suo emblema sulla tuta da volo, ma sicuramente rimarrà impresso nel cuore e nella mente di diverse generazioni di piloti che ci sono passati da allievi o hanno avuto l’onore di appartenervi quali  Istruttori  di volo.


Era il 1978.Orianna ed io stavamo pianificando il nostro matrimonio: l’appartamento era stato affittato, i mobili erano comperati, e si stava discutendo sulla data più conveniente   tenendo conto degli impegni della maggior parte di parenti e amici, Gruppo di Volo compreso.


La vita al Reparto proseguiva tranquilla e scadenzata dai soliti impegni annuali di Gruppo: campagna di tiri in Sardegna, Tac Eval nei mesi estivi, rischieramento a Pratica per la sfilata del 2 giugno, scelta e pianificazione dello Squadron Exchange su qualche base straniera, missioni di addestramento per il mantenimento della Combat readyness, mimetizzione strategica per evitare il Corso di Evasione e Fuga a Vigna di Valle, insomma non ci si faceva mancare nulla!  Nemmeno la cosiddetta “chiamata alle scuole “poteva mancare che, come una spada di Damocle, aleggiava terribile e spietata sopra le teste di noi pilotini assegnati allo Stormo, puntuale come la cartella delle tasse!


Ero abbastanza tranquillo. Pur essendo nella lista dei possibili “papabili”, davo per assodato che tutto il mondo, perlomeno il mio, sapesse dei miei progetti di accasamento e, cosa non meno importante, calcolavo che nell’ordine dell’elenco    occupassi un posto in ultima fila.


Mi accorsi di quanta ingenuità ci fosse nei miei poveri ragionamenti e di quanta imperizia avessi nel formulare previsioni durante una bella mattina, quando fui convocato dal mio Comandante di Gruppo.


In piedi, davanti alla sua scrivania, ricevetti la sconvolgente notizia che l’ordine della famosa lista era stato stravolto e che la terra Dauna avrebbe presto accolto un nuovo Capitano Istruttore che portava il mio stesso cognome!


Non ostante la mie rimostranze basate sul prossimo nostro matrimonio, con data ormai fissata e caparra dell’appartamento già elargita, in base al codice delle “stellette”, dovetti accettare le spiegazioni del mio superiore il quale mi confermò “caldamente” che i progetti della Forza Armata evidentemente non erano compatibili con i miei impegni per cui avrei dovuto agire diversamente adeguandomi alla situazione.


In altre parole e alla fine dei tutti questi bei discorsi, traducendo dal politichese, mi stava dicendo che sarebbero stati “organi riproduttivi maschili” solo e comunque miei in quanto la decisione irrevocabile era ormai stata presa !!


Quella sera, la mia fidata Alfa Romeo Gt bianca ebbe la compiacenza di portarmi a casa di sua spontanea volontà, cullandomi con il sommesso borbottio dei suoi cavalli che galoppavano sotto il cofano, quasi capisse il mio stato d’animo e leggesse nella mia mente l’ansia che si era impossessata di me mentre cercavo di trovare le parole, le meno indolori possibili, per comunicare la notizia ad Orianna! Vi lascio immaginare la delusione che lessi nei suoi occhi quando dovetti ammettere che la situazione attuale avrebbe significato cancellare tutto quanto pianificato sino ad allora senza aver la possibilità, in quel momento, di stabilire nuove date.


Ero deluso! Avevo dato anima e corpo al Gruppo e non ostante tutto amavo ancora il colore Giallo del Davide ed il Cavaliere Nero che continuavo a mantenere come giustacuore sulla tuta da volo.


Partii con il bagagliaio dell’auto carico di valigie, casco, indumenti da volo e una borsetta, molto personale, carica di esperienze collezionate con la certezza e l’arroganza che tutto quello che si faceva al Gruppo era il meglio che si trovasse sul mercato.


Il 1° Corso S.C.I.V. (..io non so come mai a me capitavano sempre e solo i  corsi sperimentali !) prevedeva una fase teorica, una qualifica di Istruttore di Volo sul velivolo MB326 da effettuare a Lecce e poi il passaggio istruzionali sul G91T con destinazione finale Amendola.


Intanto il tempo passava e Orianna ed io continuavamo ad essere distanti uno dall’altra. A quei tempi non esistevano i cellulari e l’unico modo per sentirsi vicini era quello di investire cifre iperboliche in gettoni con i quali si alimentava l’ovattato e complice ambiente della cabina telefonica del Circolo Ufficiali. Ogni sera, nelle vicinanze di quello scatolone insonorizzato, si snodava una fila ordinata e paziente di avventori che aspettavano con ansia di ricevere   il loro turno di coccole e sospiri dalle loro Amate dotandosi del “San Marzano classico” (chi è stato ad Amendola sa.) o boccale di birra e, approfittando del momento, per raccontarsi i fatti del giorno e gli aneddoti del proprio Reparto di provenienza.


Gia’. i Reparti di provenienza !


Eravamo un gruppetto di piloti che rappresentavano la quasi totalità dei Reparti da Caccia dell’Aeronautica Militare italiana che, in quel momento, era agli apici della sua espansione.


Ognuno di noi portava con sé il proprio bel “carattere operativo” : gli Intercettori con la testa sempre in mezzo agli angeli, i Caccia Bombardieri a cavallo dei loro spilloni che filavano  bassi bassi e veloci sul suolo della Penisola lasciando una fumosa scia dietro di loro; gli “Yankee”  ,abituati ad avere una visione doppia degli strumenti motore ,che respiravano salsedine quasi tutti giorni cercando navi piccole come “puntolini” in mezzo al nulla dei nostri mari e i Cavalieri Neri  abituati a portare  aiuto, coi loro Gì, a favore delle nostre Penne nere abbarbicate sui costoni di roccia delle Alpi o ai Carristi chiusi fra le spesse lamiere dei loro pesanti mezzi che con i loro cingoli stridenti grattugiavano i greti dei fiumi ormai aridi o sollevavano nuvole di polvere sulla pianura .


Un miscuglio di esperienze che diventava ogni giorno sempre più affascinante.


Orianna ed io dovevamo mettere un punto fermo nella nostra situazione personale che si stava trascinando senza certezze e il nostro “punto fermo” arrivò la mattina del 16 dicembre 1978, giorno del nostro matrimonio.


Di licenza matrimoniale non se ne parlava proprio per non interferire coi tempi previsti del corso: unica concessione il pomeriggio del venerdì libero per poter essere presente, viaggiando in treno la notte, al mio matrimonio.


A casa, Orianna, si era occupata di tutto: organizzazione della cerimonia, vestito da sposa, ritirare la mia uniforme nuova lucidando gradi stellette sciarpa e sciabola, tenere gli accordi coi ragazzi del Gruppo per il sorvolo di 4 velivoli (allora si poteva fare!) sopra l’arco di sciabole sguainate all’uscita dalla chiesa. Il mio compito sarebbe stato solamente quello di “esserci”!


Quel giorno, pur essendo dicembre, non era freddo: in compenso pioveva che dio la mandava. Il vecchio e sfruttato proverbio recita: “sposa bagnata sposa fortunata”! Devo dire che, per noi, non avrebbe potuto essere più azzeccato di così guardandoci indietro!


La cerimonia, il pranzo, il trambusto e gli scherzi degli amici ben presto si affievolirono lasciando il posto, la mattina seguente, al ritmico rumore del treno sulle rotaie che ci riportava, questa volta Orianna ed io insieme, verso l’aeroporto di Galatina.


Non dimenticheremo mai la sensibilità dei miei colleghi di corso che ci fecero trovare presso gli alloggi Ufficiali, quale raffazzonato talamo nunziale, due brandine unite con uno stupendo mazzetto di fiori e due cuoricini appoggiati sulle testiere.


Iniziava così una nuova fase della mia, anzi della nostra vita, sia personale che professionale.


I voli si susseguivano nei cieli della Puglia intervallando le missioni istruzionali con quelle a “reciproco” rinsaldando ogni giorno di più la stima reciproca derivante dalla condivisione della ormai nostra comune condizione.


Naturalmente nessuno di noi dimenticava le tradizioni del proprio Gruppo o Reparto e la goliardia era alimentata ai massimi livelli. Ogni occasione era buona per creare aneddoti, ideare scherzi e pensare battute che sarebbero poi rimaste nei ricordi di ciascuno di noi e tramandate, con qualche immancabile e sana esagerazione, ai posteri.


L’abilitazione istruzionale sul G91T alle pendici del Gargano segnò l’inizio del periodo forse più appagante della mia vita.


Da quel momento avrei avuto la possibilità, l’onore e la gioia di appuntare sul petto di giovani uomini l’Aquila Turrita simbolo di appartenenza di una gloriosa tradizione che si rinnovava alla fine di ogni Corso di Volo.


L’esperienza fatta da pilota istruttore si rivelava sempre più entusiasmante e motivante. Ogni volo era diverso dal precedente e ogni allievo richiedeva attenzioni specifiche cercando di azionare le giuste leve della sua personalità in modo da ricavarne il massimo del profitto in ogni volo.


Mi hanno insegnato molto i miei allievi, senza che loro se ne rendessero conto.


Ho imparato ad intervenire sui comandi di volo solamente un attimo prima che la situazione diventasse irrecuperabile perché solo in questo modo il giovane aquilotto avrebbe capito le conseguenze alle quali avrebbe portato quella anomala situazione e le possibilità del suo recupero.


Ho imparato a considerare gli errori non solo come un fattore negativo della missione di volo, bensì la base sulla quale impostare la futura affidabilità operativa e professionale: sbagliando si impara, diceva il saggio.


Ho imparato a non giudicare una persona affidandomi alle cosiddette “sensazioni a pelle”: ognuno di noi, fortunatamente, si ritrova con un carattere diverso e deve essere considerato solamente per quello che dimostra di saper fare.


Ricoprendo poi la figura di esaminatore di volo ho avuto modo di sviluppare l’essenziale capacità di   scorgere  il potenziale nascosto dietro gli asettici numeri dei voti   scritti nello statino imparando a convivere con   l’enorme responsabilità di poter infrangere, con un solo giudizio, i sogni, le aspettative e perché no, anche cambiando il destino di quel ragazzo  che aveva la mia stessa passione ma che mi era stato affidato da un papà e una mamma con la certezza che tutti noi avremmo operato nel migliore dei modi per assicurargli una vita professionale sicura rispettando contemporaneamente gli  standard della Forza Armata.


Partii dal Reparto con l’arroganza di un giovane pilota fidanzato, combat ready, arrabbiato con tutto e tutti per il trasferimento subito e convinto di aver raggiunto la cima della vetta dell’addestramento.


Ritornai al Reparto come pilota felicemente sposato con Orianna, papà di Alberto e con la borsetta dell’esperienza bella rigonfia ma con ancora tanto spazio disponibile.


Nel frattempo ho avuto modo di capire che, a questo mondo, tutti sono necessari e nessuno è indispensabile.


Ho capito che la stima dei colleghi la si conquista solamente dimostrando le proprie capacità indipendentemente dal numero delle strisce cucite sulle maniche.


Mi sono reso conto di aver stretto in, questo periodo, le amicizie più importanti e durature della mia vita basate sulla reciproca stima e sulla sola e comune passione per il volo.


Ho lasciato la S.V.B.A.A. di Amendola desideroso di rientrare nella normale operatività dei Reparti ma con le lacrime agli occhi e col magone nel cuore. Salutando ad uno ad uno il personale della Base, in quanto tutti eravamo amici senza distinzione di gradi e di mansioni, ripensavo ai cinque anni trascorsi tra il profumo degli eucalipti ed il canto incessante delle cicale, alla solitudine che mi assaliva la sera nella mia spartana cameretta ed il calore sempre presente dei miei colleghi di avventura, alla voglia di partire per il fuori sede del venerdì e alla malinconia nel lasciare la famiglia il lunedì mattina o la domenica sera. Ma si sa, il tempo ha la capacità straordinaria di stemperare gli avvenimenti tristi e, al contrario, non ha nessun potere nel cancellare i momenti meravigliosi.


Nonostante avessi potuto scegliere altre destinazioni e altri velivoli sui quali volare, sono comunque sempre stato legato al mio al mio amico Gì, e ritornai felice dal mio Davide in campo Giallo con la presunzione di poter caricare la sua umile fionda con tutte quelle esperienze  che ogni volo ,ogni allievo e ogni collega   ha avuto la bontà di donarmi.

articolo di MARIO ANTOGNAZZA